vor einiger zeit hat etwas teile eines textes an den strand meiner erinnerung gespült, den ich vor einigen jahren gelesen habe. ein artikel eines italienischen soziologen über die unzulänglichkeit der these vom kampf der kulturen gezeigt am beispiel des jahrhundertelang befahrenen und umkämpften mittelmeers. die see verstanden als historischer ort, lange zeit realer und wirkmächtiger als die hauptstädte mancher königreiche und fürstentümer, mögen diese uns auch greifbarer scheinen als das meer, das niemandem gehörte. es geht darum, dass nicht die kulturen unvereinbar sind, sondern höchstens die menschen. dass die kulturen die individuen nicht in der hand haben, nicht selten aber die menschen sich die namen und symbole einer kultur oder religion auf ihre flaggen setzen, wenn sie ihre häfen verlassen. und dass sie trotzdem unbekanntes übernehmen, wenn sie es brauchen können, wenn es ihnen gefällt.
alessandro dal lago greift dazu auf ein lied aus fabrizio de andré's 'creuza de ma' zurück, das in der leicht verstaubten archivverwirrung meines kopfes seit jenem unverhofften fund am strand einen rattenschwanz von anderen liedern hinter sich herzieht. mit verschiedenen mitteln erzählen sie allesamt von einem ort, den man als unendlich weiten schmelztigel beschreiben könnte, würde man damit nicht romantische vorstellungen wecken. von harmonischer vermischung nämlich ohne die machtgefälle mitzudenken, von neugierigem austausch ohne die gewalt zu sehen, die identitäre angst, die verachtung des fremden und den gegensatz zwischen siegreichen und besiegten menschen, zwischen ausbeutern und ausgebeuteten, unabhängig davon, ob und wie sich 'die kulturen' mischten. damals wie heute:
'sulle rive del mediterraneo che per secoli é stato uno degli spazi piú trafficati del mondo, le livree culturali e le identitá religiose sono sempre state messe alla prova. conquistatori, soldati, mercenari, avventurieri, pirati, mercanti, esuli, rinnegati, pescatori - persino in epoche in cui fedi e appartenenze erano piú feroci di oggi - finivano per creare mondi culturali ibridi, di cui restano tracce nelle usanze, nei dialetti, nella cucina, oltre in quelle che la storiografia francese di qualche decennio fa avrebbe chiamato mentalitá. se ci si desse la pena di raccogliere romanzi e ballate popolari fioriti sulle rive del mediterraneo dal medioevo in poi, si scoprirebbe facilmente che un loro tratto comune é l'ibridazione. per quanto violenza e guerra siano sovrane in tali testi, e ovviamente giustificate dalla lotta per la fede, é singolare che si concludano spesso in attrazione per il nemico, in promiscuitá e nel loro rinnegamento. [...]
in un poema epico bizantino del XII secolo, l'eroe digenis si batte contro i saraceni sulle coste della siria. un giorno si scontra con una bella musulmana di nome maximó e, risparmiatela, ne diviene amante. poi, si pentirá e tornerá dalla moglie cristiana la quale dovrá convincere della sua fedeltá. ucciderá l'occasionale amante saracena, ma con vergogna*:
mauro pagani - europa minor (1978)
eugenio bennato - che il mediterraneo sia (2002)
fabrizio de andré - jamin-a (1984)
pietra montecorvino (bennato) - ninna nanna (2002)
'seppi peró ingannarla con parole convincenti,
raccontandole dall'inizio lo scontro con maximó
come le avevo ferito la mano destra
e aggiunsi che aveva perduto molto sangue
e per poco moriva
se non fossi subito balzato da cavallo e le avessi pulito la ferita,
impietosito dalla sua debole natura di donna [...]
a queste parole la fanciulla [la sposa di digenis] restó sollevata,
credendo che il mio racconto fosse sincero.
ma io ripensavo poi alle sue parole
e il cuore mi ribolliva di rabbia furiosa:
balzai subito a cavallo, come per la caccia,
e colsi di sorpresa maximó, la uccisi senza pietá,
l'adultera: e fu allora un triste uccidere.'*
* tratto da: alessandro dal lago, esistono davvero i conflitti fra culture?, il mulino 54 2005. gekürzt und leicht verändert.